Il porcetto da viaggio!
Porcetto ma anche porceddu, porcheddu, proceddu, tra i tanti modi di definire uno dei piatti più rappresentativi della gastronomia sarda. Il piccolo maialetto da latte, macellato fra i 4 e i 7 kg, nato da scrofe allevate possibilmente allo stato brado, è cibo capace di creare suggestioni irrepetibili al palato e allo spirito non foss’altro per quel sapore unico e quel rincorrersi di selvatica delicatezza con sensazioni grasse e sapide insieme al crescendo di variazioni di consistenza tra cotenna, polpa e parti adipose. Poche preparazioni delle cucine del mondo riescono a rivelare un forte senso di identità e appartenenza come il porcetto sardo; tanto forte è questa identificazione che è fiorita nel corso dei secoli tutta una mitologia che per motivi di spazio non è possibile approfondire in questa sede.
Mitologia legata, ad esempio, a cotture sottoterra dovute all’origine spesso abigeataria dell’animale cucinato, esaltazione della balentia con l’evocazione di pantagrueliche mangiate e bevute all’interno di pinnette in pieno Supramonte, piuttosto che in un bosco ogliastrino o del Goceano.
Non v’è dubbio che uno dei modi migliori di apprezzare la bontà di questo cibo sia la cottura lenta con un progressivo avvicinamento a un fuoco di legna profumata. Anche questa forma di preparazione porta con se una ritualità ancestrale legata all’accensione del fuoco ed al suo mantenimento fin dalle prime ore del mattino; questo “lavoro”, prerogativa solitamente maschile, viene avviato da poche persone che dopo aver fatto partire il falò e sistemato le bestie in grandi spiedi, si occupa avvicinarle gradatamente al calore del fuoco vivo. L’operazione, che dura fino all’arrivo degli altri convitati all’ora di pranzo, è vissuta dagli arrostitori come un primo momento conviviale più intimo fatto di bicchieri di vino rosso, tocchi di pecorino e salumi di casa tra un fitto chiacchiericcio portato avanti senza particolare filo conduttore.
Ma non è questo ovviamente l’unico tipo di cottura del porcetto da latte; esistono infatti, con numerose varianti, tutta una serie di cotture in umido e/o in agrodolce nelle quali la carne si ammorbidisce, sparisce il croccante della cotenna e il piatto si arricchisce di differenti e nuove complessità altrettanto interessanti, grazie anche all’intervento di sapienti speziature (zafferano, pepe nero o noce moscata a seconda delle zone) o all’utilizzo di piante ed erbe aromatiche (mirto, timo, menta ).
Tornata di recente alla ribalta è quella particolare quanto antica modalità di preparazione che consiste nella lessatura dell’animale e conseguente macerazione per diverse ore completamente avvolto in fronde di mirto.
Concludo questa breve sequenza di considerazioni sul maialetto sardo con quella che, più che una forma di preparazione, è un’usanza di consumarlo che divide il mondo dei buongustai sardi e non e che mi serve per introdurre la ricetta che presenterò in questo numero: il porcetto mangiato da freddo, che altro non è che quello che resta dalla grande abbuffata della festa e che annovera un folto pubblico di appassionati cultori che lo preferiscono addirittura alla versione calda e fragrante del giorno prima; altri gourmet fuggono da questo, secondo loro, perverso piacere considerandolo quasi blasfemo.
Che si apprezzi o meno c’è da dire che l’opzione che ce lo fa gustare a temperatura ambiente, crea tutta una serie di nuove variabili organolettiche di interesse non trascurabile: la consistenza della polpa cambia, la carne diventa più compatta, il grasso è ora rappreso e gradevolmente gelatinoso;
la bassa temperatura ci aumenta le sensazioni sapide e aromatiche conferite dalle piante e dalle spezie utilizzate.
La grande voglia di evoluzione delle nostre ricette tradizionali che accompagna la mia ricerca e il mio lavoro quotidiano, mi ha ispirato la preparazione che vado a illustrarvi.
L’ho voluta chiamare in modo un po’ scanzonato “IL PORCETTO DA VIAGGIO” perché essendo freddo e poco ingombrante può essere servito nei tavoli di un grande ristorante, così come in una scampagnata o nel terrazzo di una casa durante una partita a carte; il nome corretto da menù ortodosso dovrebbe essere: maialetto da latte in porchetta al profumo di zenzero ed erbe spontanee.
PORCETTO DA VIAGGIO
Ovvero maialetto da latte in porchetta profumato allo zenzero ed erbe spontanee
(ingredienti per 10/15 persone a seconda che sia consumato caldo o freddo, tenendo presente che ha una conservazione in frigorifero di almeno dieci giorni)
- un maialetto non superiore ai 5 kg. di peso
- olio extravergine di oliva ½ bicchiere
- zenzero fresco 15 g.
- timo selvatico
- mentuccia fresca
- semi di finocchio
- pepe nero
- sale
Se non siete in grado di disossare il porcetto fatelo fare dal vostro macellaio di fiducia.
Apritelo a libro con la parte interna rivolta verso l’alto e salate abbondantemente. Sbucciate la radice di zenzero e grattugiatela distribuendola uniformemente su tutta la superficie dell’animale insieme al timo tagliuzzato, la mentuccia, i semi di finocchio e un’abbondante macinata di pepe nero. Finite l’aromatizzazione con un filo d’olio extravergine fruttato e piegate il porcetto su se stesso arrotolandolo come un tappeto. Legate stretto e fitto con dello spago da cucina e con l’olio rimanente ungete la cotenna e salate ancora in abbondanza massaggiando la superficie con entrambe le mani. Infornate per 80 minuti a forno ventilato a 200°. Sfornate e lasciate raffreddare decidendo se consumarlo freddo come un salume, tagliandolo a fette sottili, oppure caldo tagliato più grosso curandovi in questo caso di riscaldarlo a vapore.
IL VINO
Per l’opzione fredda di questa versione moderna del porcetto sardo ho scelto una versione altrettanto innovativa di vermentino. È il BOGHES Isola dei Nuraghi i.g.t. 2002 dell’Az. Agr. Giovanni Cherchi di Usini. Realizzato al 100% con uve vermentino di una delle zone più vocate per questo vitigno, con una accorta vinificazione effettuata nelle moderne cantine appena inaugurate, nasce un vino di grandi importanza e complessità.
Giallo limone intenso con nuances dorate, è luminoso e di una viscosità che prelude ad una grande struttura. Il naso è accattivante con riconoscimenti di spezie nobili e vaniglia su un fondo di frutta gialla stramatura e caramella al latte. In bocca si espande con forza in un incredibile equilibrio tra la rotondità grassa della componente alcool – glicerica e la buona freschezza. Oltre che al mio porcetto da viaggio può essere accostato a grigliate di pesce azzurro, zuppe di pesce, capretto in umido, pollame, formaggi di media stagionatura.
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