Un sigaro malinconico (per Edward Hopper e Townes Van Zandt)
Avete presente quel quadro di Edward Hopper intitolato “Gas”? Al centro dell’immagine un distributore di benzina. E’ già notte, è l’ora di chiusura. Intorno un ambiente buio e selvaggio, di lato una blue highway, una strada secondaria dell’America rurale che porta in nessun posto. Il benzinaio mette il lucchetto alle vecchie pompe, si è già cambiato, ha il gilet e la cravatta. il volto è serio e pensoso, forse solo stanco. Tra poco sarà a casa, metterà su un disco di country eretico e triste di Townes Van Zandt – quello omonimo con in copertina l’autore seduto, gli occhi chiusi e la mano appoggiata alla guancia – sprofonderà in poltrona con un bicchiere di whisky in mano, il televisore acceso col volume al minimo. E se deciderà di fumare un sigaro, ne sono certo, sarà un sigaro come questo petit robusto di Partagas di cui vi racconto. Le nostre degustazioni di sigari su Taribari – chi ci segue sul nostro blog lo sa – sono fumate evocative. Questo piccolo sigaro scuro ha scatenato la visione che vi ho descritto.
PARTAGAS SERIE D No. 5 – Ediciòn Limitada 2008
Vitola: petit robusto – Lunghezza: 110 mm – Ring Gauge: 50
E’ avvolto in una capa colorado scuro, ruvida di nervature belle e pronunciate e un po’ secca al tatto. Ruvidezza che quasi contrasta con il tocco soffice che evidenzia un riempimento omogeneo. A crudo profuma maschio di cuoio, terra e sudore. Appena acceso parte deciso e va subito al sodo quasi che, consapevole del suo calibro, voglia dire tutto di sé. Inizialmente è il legno di cedro a dominare la paletta aromatica. Poi, tra le sventole ben date di questo splendido peso medio, si fanno largo sentori marcati di mandorle amare, pepe nero e fave di cacao. La fumata è ampia e gustosa, il ritmo è sostenuto e incalzante anche se il suono è più quello dell’hillybilly e del country che quello del rock’n’roll. La lunga sosta nel humidor l’ha migliorato molto rispetto all’assaggio di alcuni mesi fa quando era freschissimo e gli ha conferito rotondità e una maggiore complessità. Un sigaro malinconico, che sa di sera tardi, dopo una giornata di duro lavoro. Che non fa venire voglia di accendere la luce quando cala il sole, sicuri che – per dirla con Joe Henry - il buio parli e abbia cose da dire.
Le ultime due dita di un Islay Whisky, il rarissimo Caol Ila 1981 imbottigliato dal grande Andrew Symington dopo 21 anni di invecchiamento, hanno reso la fumata assolutamente perfetta.
11 luglio 2010 alle 22:47
questo sigaro è un inno al sapore, un inno alla riflessione, una poesia scritta dalle mani di chi perpetua il mestiere del torceador… grande il tuo abbinamento ma ti propongo l’alternativa di quella vecchissima vernaccia di Oristano che acquistai dal capo rom Alex… io metto la bottiglia e un formaggio adeguato e tu porti il Partagas…