Barricate biodinamiche e vini “resistenti”.
UNA GIORNATA ALLA CASCINA DEGLI ULIVI CON STEFANO.
SEMPLICITA’ E BUON SENSO.
E’ vero, lo ammetto! Ho iniziato a subire la fascinazione dei vini naturali 4/5 anni fa… Fu un approccio difficile: il mio palato è uguale a quello di tutti e quando un palato è abituato a sapori standardizzati tutto ciò che è “diverso” ha un effetto destabilizzante! Poi un po’ grazie a Fabio Luglio e a Triple A e i nostri Dettori e Manca mi si è aperto lentamente un mondo nuovo che, e questa è la cosa importante, mi ha fatto capire concetti che vanno aldilà dell’assaggio di vini più o meno buoni. Due giorni fa ero in Velier a Genova; abbiamo assaggiato in un pomeriggio una quarantina di campioni di vini “diversi”: Fabio, che guidava le degustazioni col suo entusiasmo incontenibile, a un certo punto mi ha redarguito: “…Piero, non chiamiamoli Vini Biodinamici. Come spesso succede in questo nostro mondo, tutto diventa moda, tutto diventa trendy e anche la Biodinamica sta prendendo questa piega…chiamiamoli vini naturali, vini senza veleni, vini che fermentano senza aggiunta di lieviti…” Ha ragione! Mi sono accorto di questo principio di metaformosi durante i miei ultimi mesi da ristoratore: negli anni 80/90 c’era un coro di clienti che ti chiedeva il vino barriccato come se non esistesse altro al mondo, oggi iniziano a essere molti quelli che, senza sapere di cosa stanno parlando, ti chiedono:”Mi fa sentire qualcosa di biodinamico???”.
L’agricoltura biodinamica non è semplicemente un modo antico e naturale di coltivare la terra e, di conseguenza, di produrre cibi e vini che rispettino l’uomo, il suo organismo, la sua stessa vita.
La biodinamica, e me ne sono accorto in questi giorni, dopo un rapido ma intenso incontro con Stefano Bellotti di Cascina degli Ulivi a Gavi, è soprattutto uno stile di vita “rivoluzionario” nel senso più profondo del termine. Rivoluzionario perché è rifiuto di una modernità schizofrenica,
rivoluzionario perché si basa su due concetti che rappresentano merce sempre più rara nella nostra società: la semplicità e il buon senso!
STEFANO BELLOTTI E LA CASCINA DEGLI ULIVI
Ho cenato mangiando una qualità d farro che Stefano ha recuperato e che coltiva nelle sue terre, ho dormito nel suo agriturismo, ho fatto colazione con un burro giallo come il sole e il suo pane naturale e le sue confetture… Stefano Bellotti è una persona che trasmette serenità; i tratti somatici da quadro fiammingo, un eloquio colto e semplice allo stesso tempo e una pazienza infinita nello scarrozzarci per le sue vigne. E’ una delle personalità più autorevoli dell’agricoltura biodinamica italiana, avendola sposata e praticata da diversi decenni; anche lui è spaventato dal diventare moda di questa corrente e dal fatto che possa diventare businnes. Pubblico un piccolo stralcio di un suo articolo apparso in rete dove racconta i suoi inizi:
“…Mi trovai in un ambiente dove ebbi la fortuna di intravedere ancora l’ultimo scorcio del mondo rurale ormai morente: i contandini attivi rimasti in zona avevano date di nascita che ruotavano intorno al 1900, ma da loro potei assorbire tanto. Ci si trovava in una fase di passaggio: l’agricoltura del passato era finita, quel mondo stava morendo, e quell’agricoltura non era più riproponibile. D’altra parte l’agricoltura industriale “moderna” non mi convinceva e per diverse ragioni: ragioni ecologiche, etiche ma anche e soprattutto perché, anche se giovane, riuscivo a rendermi conto che era una tecnica che l’industria usava per mettere il giogo all’agricolutra al fine di renderla dipendente. I “tecnici” null’altro erano che degli agenti, dei piazzisti di questa o quell’altra ditta di fitofarmaci o altro. Ad ogni problema rispondevano con il magico sacchetto che creava un altro problema a cui a sua volta si rispondeva con un altro sacchetto e così via. Non era facile: l’agricoltura del passato non esisteva più e mi rendevo conto che quella del presente era un vicocolo cieco. E’ logico che verso la fine deli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, appena sentii parlare di agricoltura biologica, drizzai le orecchie; era un linguaggio che sentivo vicino a me. A quei tempi si era pochi, pionieri e poveri, senza strumenti né conoscenze e un po’ con il complesso del brutto anatroccolo. In quel periodo mi capitò di incontrare Luigi Brezza, un agricoltore di vecchio stampo, ma che già negli anni sessanta aveva conosciuto il metodo biodinamico e aveva iniziato a praticarlo: mi si aprì un nuovo mondo Nell’azienda di Brezza tutto era florido e produttivo: i suoi campi, le sue vigne, la sua stalla primeggiavano in qualità e in produttività su tutte le aziende della zona. Brezza e la sua azienda mi diedero un nuovo coraggio, mi spinsero a conoscere e a praticare il metodo biodinamico. Iniziai non per fede, non per ideologia, ma perché funzionava. Non fu facile, non c’erano tecnici né agricoltori che praticavano la biodinamica al di fuori di Brezza, e tutti andavano un po’ avanti a tentoni. Un altro elemento difficile da sostenere era lo scetticismo degli “altri”, di quelli che ti prendevano per matto e ti trattavano come uno che aveva le antenne al posto delle orecchie. Infine, per praticare e imparare questo tipo di agricoltura è necessario cambiare i propri schemi di pensiero e dimenticare tutto quello che ci è stato insegnato ovviamente non è ne semplice ne immediato: positivismo, riduzionismo e tutti gli altri “ismi” novecenteschi. Per fortuna che avevo avuto quei maestri semianalfabeti nati intrno al 900!!!…”
CONCLUSIONI
La cosa che più di ogni altra mi ha scioccato, aldilà delle differenze abissali tra i vini naturali e tutti gli altri, è l’avere letteralmente “toccato” con mano e visto con i miei occhi le differenze tra un vigneto convenzionale e uno biodinamico; appena fatta colazione, Stefano ci fa strada tra i viottoli di una campagna incantevole tra Gavi, Tassarolo e Novi Ligure. Arrivati presso quello che è uno dei suoi più prestigiosi cru di Cortese di Gavi e di Dolcetto, scopriamo che questo vigneto confina, separato da neanche due metri di strada sterrata, con un vigneto convenzionale. L’immagine era questa: la modernità pulita, ordinata, asettica e senza l’ombra di un filo d’erba estranea del vigneto “industriale”; dall’altra parte il “disordine” pieno di vita della vigna di Stefano, con erbe officinali piantate per creare biodiversità sia sulla pianta che ne terreno, le foglie della vite molto più piccole, di un verde brillante e dal tatto setoso. La terra giallastra, secca, inodore, Morta del vigneto convenzionale e quella umida, profumata di linfa, scura e grassa del terreno biodinamico. So che queste mie parole potranno infastidire qualche mio amico viticoltore scettico sulla materia; in questo momento non sto facendo il partigiano di nessuno ma mi sto limitando a raccontare una mia esperienza di vita dove, in un paio d’ore, ho avuto la fortuna di vivere una realtà tutt’altro che basata su sciocche superstizioni ma molto più concreta e “facile” da capire di quello che vogliono far credere i detrattori. Non intendo provare a spiegare cos’è la biodinamica e i principi che la sorreggono: non sarei all’altezza e io stesso ho ancora tante cose da chiarirmi. E’ certo che sono andato via da Cascina degli Ulivi con una certa positiva inquietudine, con la convinzione di essermi arricchito da un’idea nuova di rapporto con la terra e con la convinzione che tanti agricoltori, in totale buona fede, non sanno e non si rendono conto che sono involontari complici del disastro ambientale: i fumi, gli scarichi e l’ozono bucato hanno una responsabilità minoritaria sulla morte del pianeta; la vera responsabile degli sconvolgimenti climatici, dei crolli, delle alluvioni e della morte è l’agricoltura industrializzata … documentatevi e ne parleremo ancora!
CASCINA DEGLI ULIVI - Stefano Bellotti http://www.cascinadegliulivi.it/
27 maggio 2009 alle 16:20
articolo molto bello. ho partecipato lo scorso anno ad una giornata didattica con Stefano e al vedere i suoi sovesci in fiore e di filari deserti dei vicini ho capito cosa voglia dire agricoltura biodinamica al di la delle mode e di chi ne parla quando deve vendere il vino ma non la pratica. io ho visto il mio giardino letteralmente alzarsi dopo un anno e mezzo di utilizzo dei preparati biodinamici, in particoalre il corno letame. adesso pian piano uso anche il corno silice sulla mia piccola pergola di uva e sui pochi alberi da frutto che ho. la differenza di gusto e forma e impressionante. la differenza tra agricoltura biologica e quella biodinamica e proprio questa consapevolezza dei ritmi e la capacita di portare nuova vita al vivente, di guarire la nostra terra martoriata. vi seguo continuate cosi in bocca al lupo ps la tastiera non mi scrive gli accenti…Damiano Parolin Cittadella PD http://www.agribionotizie.it
27 maggio 2009 alle 19:58
Grazie Damiano! ho fatto un’incursione nel vostro sito: molto, molto interessante! Chissa che, magari a breve, non si riesca a fare qualcosa insieme! Intanto considerati a casa tua…