Thin Lizzy e Dark Island: the boys are back in town

21 dicembre 2008  |  di Antonio Canu

phillo.jpgSe si seguissero le classificazioni delle enciclopedie rock o dei negozi di dischi i Thin Lizzy sarebbero un gruppo hard rock. In realtà la definizione risulta assai riduttiva ascoltando le influenze blues, soul, funk, folk che si innestano in maniera assai evidente su un tessuto musicale sicuramente hard. Per non parlare dei testi, legati alla quotidianità, intrisi di amore, odio, epica e una mai celata passione politica e sociale. Il merito, sostanzialmente, di Philip Lynott bassista e cantante nero irlandese, ma soprattutto uno dei più grandi scrittori di canzoni e melodie della storia del rock.
Nata nel 1969 la band dopo varie vicissitudni e cambi di formazione raggiunse l’assetto definitivo intorno al trio costituito oltre che da Lynott dal grande batterista Brian Downey e dal bellissimo e funambolico chitarrista Scott Gorham. A loro sarà sempre affiancato un altro chitarrista solista e le due chitarre soliste armonizzate saranno per sempre il marchio distintivo e imitatissimo della band, che si rivelerà nel tempo una fucina di grandissimi guitar heroes. A parte che con il guerriero irlandese Gary Moore, che continuerà ad andare e venire negli oltre 15 anni dicarriera del gruppo, i Lizzies raggiungeranno l’assetto perfetto con Brian Robertson all’altra chitarra solista.
Con questa formazione li ho conosciuti e a loro devo l’essere diventato nella tarda adolescenza un campione di “chitarra che non c’è” suonandola, sudato e affannato scuotendo i miei allora lunghi capelli, mentre sullo stereo e a palla andava questo fantastico “Live and Dangerous”, allora un doppio lp oggi un singolo cd che trovate pure in offerta. 10 euro e vi portate a casa la quintessenza del rock!
In realtà quasi tutti i dischi dei Thin Lizzy sarebbero da avere (in particolare “Jailbreak”, “Johnny the Fox”, “Bad Reputation”, “Black Rose” e l’altro live “Live/Life”), ma un pò perchè “L&D” è stato il mio primo amore e un pò perchè era live che il gruppo dava il più selvaggio meglio di sè questo potrebbe essere il miglior inizio per diventare un maniaco della band. Dentro ci sono i grandi hit “Jailbreak”, “Emerald” – dedicata all’isola di smeraldo, l’Irlanda, fiera, ribelle e mai arresa – e l’immortale “The Boys Are Back in Town” inno di chiunque sia stato in una gang, o in una band, o semplicemente abbia suonato con un gruppo in cantina bevendo fino a star male per poi uscire per lo struscio sfoggiando i vestiti migliori e lo sguardo da duri di chi crede di essere destinato alla gloria. C’è anche “Still In Love With You”, oltre thin-lizzy_178782.jpgsette minuti di forza e dolcezza con le chitarre che si avvitano in una danza di seduzione dando vita alla canzone d’amore rock definitiva. E che dire di “Dancing in the Moonlight”: il caldo delle notti d’estate, gli schiamazzi alcolici con gli amici, l’amore sotto le stelle di un ragazzo e una donna più matura, il suono seducente di un saxofono e del semplice e spettaccolare giro di basso di Phil che è sesso puro, la trance della giovinezza che sembra non debba finire mai, l’esplicito omaggio all’inarrivabile classico di Van Morrison “Moondance”. Sembra che gli U2 degli esordi suonassero spesso questo brano facendo diventare questa canzone – come disse Stuar Bailie del NME – “il punto d’incontro di tre generazioni di Celtic Soul swingers”. Phil Lynott è morto prima di quando sarebbe stato giusto il giorno di Natale del 1985 lasciandomi il rimpianto di non averlo mai incontrato e un pugno di canzoni che, da più di vent’anni, non smettono di scaldarmi gli inverni.
In onore di Phil, sembrandomi perfettamente abbinata alla sua musica che stavo riascoltando, ho bevuto mezzo litro di Dark Island, dark ale prodotta a Stromness nelle isole Orcadi dal Orkney Brewery, eccellente microbirrificio la cui produzione segue rigide direttive ecologiche. Molto scura, quasi impenetrabile ma con bei riflessi ramati, ha una schiuma label_darkisle.gifcompatta color nocciola abbastanza persistente. Naso complesso di cioccolato, caramella mou, frutta matura. In bocca è liscia e setosa: ritorna il cioccolato, si aggiungono datteri e frutta secca col tostato del malto ad armonizzae il tutto sino al finale appena amarognolo di caffè e frizzante di agrumi.
Forza, abilità, personalità, gioia, dolcezza e amarezza, impegno: i Thin Lizzy in una bottiglia.

Long live beer drinkers, long live rock’n'roll.

2 Commenti a “Thin Lizzy e Dark Island: the boys are back in town”

  1. pibus scrive:

    E’ un piacere che qulcuno ricordi i Lizzies! Mi mancano solo 5 dei loro dischi presto o tardi l’amore che ho per loro farà si che li trovi!
    E’ vero, gruppo hard, ma che dire di una scrittura altrettanto fulminante in materia di ballads? Trovavano spazio, quelle suadenze uniche e mai zuccherose, anche in “Chinatown”, album da molti additatoi come “troppo metal”, cosa vera, in fondo. I Thin, sempre sul pedale del rochettone e mai del metalloo che si facevano prendere dal giovanilismo NWOBHM. Ma sempre grandi, anche nel meno riuscito. E forse Phil, che al fegato e non solo ha dato mattana, sarebbe contento di una e/o più birre bevute alla sua, vecchio reprobo! Ricordo quando morì, il mio amco Carlo Muzzu mi diede la notizia. mi dolse, meno rock in giro per il mondo. Allora, sia che vi assucuriate una birra sia che non, GRARNTITEVI una copia di “Live & dangerous”. A dispetto del titolo, non c’è nulla da temere!!!
    Grande rock!

  2. Antonio Canu scrive:

    bella Antò grazie della visita e del commento. Strano anche io mi ricordo da chi e dove mi venne data la notizia della morte del vecchio Phil. Siamo fottuti rochettari romantici.

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