sogni verticali (lunga vita a Billia)(TRENT’ANNI DI TUVAOES)

3 maggio 2017  |  di Piero Careddu

RACCONTO DI UN GIORNO DI FESTA ALLA CANTINA CHERCHI. TRENT’ANNI DI TUVAOES PASSATI AL SETACCIO IN POCO MENO DI TRE ORE. TRA COMMOZIONE, ALLEGRIA E COLPI DI SCENA!


La storia della mia amicizia con i Cherchi si perde negli anni ed è cresciuta in un percorso fatto di momenti comuni e di rispetto assoluto, anche quando i punti di vista si sono allontanati e si è parlato con accenti diversi. Oggi qualche malizioso, ed è un eufemismo, mi chiede perché ho partecipato con passione e commozione alla Festa dei trent’anni del Tuvaoes. Il problema, secondo loro, sarebbe che “non fanno esattamente il vino secondo quelle modalità che tu ami sostenere e divulgare e quindi cosa c’entri tu con loro?”. Per capire la bellezza di questa famiglia e la loro ansia di mettersi continuamente in discussione, bisognerebbe farsi ogni tanto una capatina in cantina e toccare con mano quel misto di consapevolezza dell’essere punti di riferimento e una sorprendente umiltà che non ha mai subito tentennamenti, in quasi quarant’anni di vita dell’azienda. I Cherchi non sentono il bisogno dei riflettori e di dare bandi ma, in pochi lo sappiamo, hanno iniziato da un bel po’ di anni un percorso lento e difficile verso una riconversione del loro modo di fare vigna e produrre vini sempre meno condizionati dal mercato e più interpreti del loro unico terroir. Penso di poter affermare che fra non molto anche chi, come me, è nemico dei vini “fiction” rimarrà sorpreso da quello che già bolle in pentola a Casa Cherchi. Le prime avvisaglie di questa voglia di ricerca e sperimentazione a ritroso, abbiamo avuto il piacere di toccarle con mano, durante la verticale dedicata al loro vino più famoso e importante. Sul finale dell’emozionante viaggio, durato fino alla metà degli anni ‘80, con le più vecchie annate del Tuvaoes, Tore e Mariano hanno tirato fuori un paio di esperimenti con macerazioni lunghe sulle bucce che hanno lasciato noi 15 degustatori presenti a bocca aperta. Un’azienda come la loro, che non si ferma, che sa riconoscere i propri momenti di stanca ed è pronta a esplorare nuove strade, penso meriti fiducia e incoraggiamento. Tornando alla verticale del Trentennale, che ha aperto le danze di una lunga giornata di informale convivialità, ci siamo ritrovati intorno alle 11 del 21 di Aprile scorso nella saletta di assaggio della Cantina. La degustazione era guidata dall’ Enologo Piero Cella, uno dei protagonisti del successo dell’azienda, e il panel era formato, oltre che dal sottoscritto, da un parterre di grandi nomi del giornalismo enogastronomico italiano: da Sandro Capitani di Radio Rai 1 a Linda Nano e Gilberto Arru di Vini Buoni d’Italia, Maurizio Valeriani de L’Espresso, Giuseppe Carrus con il suo staff del Gambero Rosso. Emozionante l’arrivo a sorpresa del Patriarca Billia che è stato accolto da un commosso applauso di tutti i presenti: il Grande Vecchio del Cagnulari, a dispetto degli 85 anni e di qualche sculacciata dalla salute, è ancora arzillo, attento e voglioso di polemizzare. Lunga Vita. (la foto che ho scelto per aprire questo racconto l’ho scattata io a Billia una decina di anni fa. Se mi si consente un pizzico di vanità, credo sia una delle rappresentazioni più autentiche e complete di questo grande contadino)

Quello che segue è un resoconto disordinato e incompleto della lunga pedalata a ritroso nelle vecchie annate del Tuvaoes.

2016: Giallo sbiadito quasi argenteo. Naso verde di sola clorofilla e lieviti. In bocca ancora sbilanciato verso le note fresco-sapide. Un grande Tuvaoes in divenire ma da lasciare in bottiglia ancora per molti mesi.

2015: Giallo chiaro. Naso fortemente vegetale con cenni di frutta acerba in piena elaborazione. In bocca qualche nota morbida inizia a battagliare con un’acidità che ancora spadroneggia. Da risentire a fine estate quando inizierà a parlare la lingua del Tuvaoes

2014: Eccolo è lui! Il Tuvaoes che tutti amiamo nel pieno della sua avvolgente personalità. Colore giallo paglia pieno, con cenni di nuances di oro nuovo. Naso di erbe aromatiche che abbracciano frutta matura a polpa bianca. In bocca pieno e rotondo con un’impressionante lunghezza aromatica.

2013: Oro nuovo al colore. L’olfatto volge verso suggestioni di confettura di pesche con la nota erbacea a impreziosire un bouquet ampio nel quale iniziano ad affacciarsi i primi terziari. In bocca è la rappresentazione dell’equlibrio assoluto. Grassa masticabilità sostenuta dall’acidità e dal contributo salino ancora presente. Impressionante finale che ripropone la sequenza degli odori.

2010: Colore dorato con prime nuances di ambra. Al naso è l’unico campione che dà qualche piccolo segno di stanchezza rappresentato da un principio di ossidazione che copre frutta secca e fiori. Al palato si difende meglio con una struttura di velluto grezzo con poche note feesche ma efficaci. Finale di buona lunghezza

2009: Oro vecchio con leggera velatura. Naso ancora nel pieno della forma e dalla larga ampiezza aromatica. Le note vegetali virano verso suggestioni balsamiche di menta secca e timo e la frutta appare in forma di confettura di susine. Caldo, rotondo e avvolgente con finale lungo e appagante.

2008: Giallo dorato e naso di grande eleganza con una decisa firma di mineralità, che fa da tappeto a confetture di frutti estivi e una florealità di camomilla nel pieno della calura estiva. In bocca risulta grasso e setoso con l’acidità che fa ancora splendidamente il suo lavoro. Lungo e appagante il finale.

2004: Curioso il cromatismo che mette insieme nuances di oro nuovo con riflessi verdognoli. Uno dei campioni con il corredo olfattivo ancora sorprendentemente fresco e accattivante: frutta stramatura e bouquet di fiori secchi da cassetto nel quale emergono lavanda e rosmarino. In bocca ancora struttura e attributi da bianco di spessore mondiale con un finale che lascia il palato impregnato di suggestioni di albicocche stramature. Grandioso.

2003: Cromatismo di oro vecchio. Naso vegetale con note salmastre e speziate. In bocca rotondità assoluta. Corto il finale degli aromi.

2002: Oro con nuances ambrate. Corredo olfattivo con fichi e vaniglia che provano a emergere, disturbati da un principio di nota ossidativa. In bocca è piacevole nella sua struttura ancora importante e una sorprendente acidità. Buona la lunghezza aromatica.

1996: Oro vecchio leggermente opaco. Campione rovinato da qualche trauma durante l’invecchiamento. Ingiudicabile.

1993: Colore di oro vecchio. Naso assimilabile ad un grande Borgogna con le note iodate e di roccia che giocano con le suggestioni di panforte e qualche idrocarburo. Finale piacevole di cioccolato bianco.

1988: L’annata dei Tre Bicchieri ha conservato un colore dorato e perfetto per l’età. Dopo qualche nota smaltata che sparisce al contatto con l’aria, emergono note di vento salmastro e roccia calda che ospitano un bel ventaglio di frutti secchi e cera. In bocca e grasso e sapido mentre ostenta la sua aristocrazia da nobile non ancora decaduto. Lunghezza aromatica interminabile.

1987: Era già Tuvaoes ma non si chiamava ancora così. Colore incredibilmente vivo di oro nuovo. Al naso ricordi di panetteria e idrocarburi. La bocca è ancora in buona forma ma si spegne in fretta dopo le deglutizioni.

1986: L’ultimo campione, il più vecchio dei disponibili, sarebbe dovuto essere quello che dava meno aspettative e invece sembra volerci salutare, a nome dei fratelli che lo hanno preceduto, ribadendo la straordinaria capacità di invecchiare di questo pezzo di storia del vino sardo. Colore di oro vecchio e lucido. Al naso pane raffermo, fiori secchi da cassetto e tanta pulizia. In bocca sensazioni quasi da rosolio con perfetta e sinuosa grassezza sorretta da una freschezza che non ti aspetti. Finale lungo e voglia di berne ancora.

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