La rivoluzione sarà un pranzo di gala?

29 maggio 2008  |  di Antonio Canu

Ricette immorali Come vi abbiamo più volte accennato nei nostri interventi Taribari, prima di avere la veste che state vedendo ora, è stato – a cavallo tra XX e XXI secolo – un bimestrale di enogastronomia eretica e di tecniche di vita materiale. In attesa di riuscire a digitalizzare tutti i vecchi numeri cartacei per renderli disponibili su questo sito iniziamo con quello che segue a ripubblicare nella rubrica “Taribari millesimato” alcuni vecchi articoli che hanno mantenuto una loro attualità e che, per i temi e gli argomenti trattati, valgono oggi quanto per noi valevano 8 anni fa.La recensione del libro “Ricette Immorali” di M.V. Montalban, al dilà della immortale attualità del libro di cui si parla, è un piccolo proclama libertario contro la cultura repressiva che, ahinoi, non smette di aggirarsi per il nostro paese. La ripubblichiamo senza correzioni come apparve nel n. 3 – ottobre/novembre 2000.

Come avrà capito chi ci segue dal primo numero, la nostra è una rivista che parla di piaceri. Il piacere di mangiare, di bere, di fumare, di ascoltare musica, di leggere e spesso la commistione contemporanea di alcuni dei piaceri suddetti. Manca, tra i godimenti da noi trattati, il piacere dei piacer: quello sessuale. Se infatti lo trattassimo con lo stesso trasporto con cui trattiamo gli altri, gli strali della censura, in questi tempi di neomoralismo restauratore, si abbatterebbero su di noi senza pietà.
Fortunatamente la nostra rubrica di libri ci offre la possibilità di completare momentaneamente la mappa dei godimenti senza correre troppi rischi e tra l’altro abbinando il sesso alla gastronomia. L’occasione ce la offre “Ricette immorali”, un libro di Manuel Vasquez Montalban uscito per la prima volta in italia nel 1992 e ristampato nel 1994 dalla Universale economica Feltrinelli, per la quale è attualmente ancora reperibile.
Montalban, ideatore del detective-gourmet Pepe Carvalho, ha creato con “Ricette immorali” un divertente ma precisissimo trattato eno-gastronomico-sessuale ricco di ricette a volte rare e complesse, altre semplici e popolari, ognuna delle quali è, come dice l’autore, una scommessa su un’altra morale possibile.
Una morale edonista alla portata di coloro che credono in una felicità immediata, basata sull’uso e persino sull’abuso di saggezze innocenti: saper cucinare, saper mangiare, cercare di imparare ad amare, conscio, Montalban come anche noi, che tutti i piaceri sono goduriosamente immorali, perchè solo la sofferenza è morale.
E allora ecco a voi 62 ricette divise in quattro capitoli dai titoli tanto esplicativi quanto ricchi di doppi sensi: “Entrate e uscite”, “Fave, spalle e angolini nascosti”, “Ostriche, astici e mummie”, “Leccarsi e rileccarsi”. Ogni ricetta oltre all’elenco dettagliato degli ingredienti ed una minuziosa descrizione della preparazione è accompagnata da un commento più o meno lungo dell’autore che spiega come, quando e perchè usare quel piatto con l’intento di inculcare l’abitudine di cucinare per raccogliere in seguito i frutti dell’amore. Intento perfettamente raggiunto: la lettura di questo ricettario fa infatti nascere il desiderio di mettersi alla prova dietro ai fornelli e, al contempo, fa venire una pazza voglia di mangiare e di fare l’amore.
“Mangiare bene e bere ancor meglio – dice Montalban – rilassa gli sfinteri dell’anima, sconvolge i punti cardinali della cultura repressiva e prepara alla comparsa di una comunicabilità che non va sprecata”. La rivoluzione sarà un pranzo di gala?

8 Commenti a “La rivoluzione sarà un pranzo di gala?”

  1. piero scrive:

    Diavolo d’un Kanu! Che bella sorpresa! Mi avevi accennato all’idea di riproporre gli articoli degli in cui eravamo più giovani e spensierati, ma non pensavo saresti stato così veloce; a questo punto lasciami esprimere un desiderio: mi piacerebbe rivedere sul web la MITICA verticale di Marchese di Villamarina…

  2. Marco scrive:

    Ciao Antonio..complimenti per il bel blog, le ottime foto e la fantastica introduzione.
    Siete molto professionali…immagino la faccia che hai fatto quando hai letto il nostro blogghetto…;)
    Noi siamo solo appassionati magnoni e sbevazzanti.

    Dalla prossima settimana sarete “consigliati”…se ciò non vi scoccia !

    Ciao,ciao
    Marco.

  3. Antonio Canu scrive:

    Grazie Marco della visita e dell’inserimento tra i consigliati (assai gradito). Ma non fare il modesto con la storia del bloggetto. melmoday.blogspot.com, si chiama cosi’ e lo dico per chi ci legge, e’ veramente ben fatto, divertente e stimolante e poi…quell’articolo del Sassicaia abbinato alla vittoria dll’inter scritto da un laziale…mmm che goduria!

  4. giulia scrive:

    E vogliamo non parlare di “Nel giardino del diavolo – Storia lussuriosa dei cibi proibiti” di Stewart Lee Allen? Questa improvvisa visione di un tavolo “allettante” mi strappa un cenno al libro che mi è stato suggerito mesi fa nel bel mezzo del mio momento di cucina splatter, quando di fronte alle cervella incellophanate in bella vista nei banchi frigo rimanevo indecisa tra il raccapriccio e il desiderio di buttare in padella questo ignoto figuro (mai viste cervella al di fuori di mezza testina arrosto, nel mio piatto). Che poi nemmeno le ho mai comprate, ma il libro si. Menu suddivisi per i 7 peccati brutti e cattivi (più un ottavo), tra paté di fegato di codardo, torte da mangiare con la mano sinistra, un sinistro liquore dei tre peni, e un superbo cocktail servito con disprezzo.
    E ancora non è ora di pranzo…

  5. antonio canu scrive:

    Cara Giulia, ben venuta e grazie per la dritta. La tua mini recensione ci accende di curiosita’ e desiderio. Oggi corro a cercare il libro di cui parli che sembra tanto, dalle tue parole, sintonizzato sulle nostre frequenze.
    Grazie

  6. tommaso sussarello scrive:

    Carissimo Antonio, che bello questo “La rivoluzione sarà un pranzo di gala?” Parlo del concetto che la frase esprime, naturalmente. Mi fa pensare quanto può essere interessante una corretta forma, a contorno di un altrettanto eccellente materia prima. Una bella cena “rossiniana” regolata dalle norme perfette del convivio può decisamente fornire l’alternativa a tanta “volgarità” del quotidiano. Mi piacerebbe davvero approfondire l’argomento e ragionare delle sfaccettature, dei rapporti uomo-uomo-cibo all’interno del gruppo-tribù che si raccoglie ed interfaccia nel rito millenario del désco. Che ne pensi?

  7. antonio canu scrive:

    Caro Tommy, penso che c’azzecchi! Penso che il doppio binario del desiderio-piacere e della qualita’-tipologia degli alimenti possa contribuire a scardinare in modo gioioso la società repressiva totalitaria che ci opprime. E non si tratta più solo di oppressione materiale ma di invasione della vita e dell’immaginario, ultimo territorio semi-libero in via di colonizzazione su cui si gioca la nostra capacità di resistenza.
    Farci dunque moltitudine desiderante, famelica di appagamento ma sempre affamata di nuove insoddisfazioni da colmare. Dove il biopotere ivade vita e desideri scatenare azioni biopolitiche di ribellione. Che, nel nostro piccolo, si consumano anche scegliendo cosa mangiare, cosa bere, cosa leggere, cosa poter sognare. L’ultima battaglia veronelliana sulla filiera corta, le Denominazioni Comunali dei prodotti della terra (contro la industrializzazione transnazionale dell’agricoltura) aveva non a caso scelto l’antico motto libertario “Terra e Libertà”. Manolo lo sapeva.

  8. tommaso sussarello scrive:

    “l’oggi discende dall’ieri e il domani è il frutto del passato” afferma Jacques Le Goff. Particolarmente in un paese come il nostro, che fa delle sue peculiarità storico-territoriali una delle maggiori risorse economiche. Quindi se la tavola italiana rappresenta una scena di ineguagliabile ampiezza, altrettanto la sua rappresentazione formale potrebbe eguagliare le migliori rappresentazioni artistiche. Guardare al passato di questi tempi potrebbe aiutare quantomeno a liberarci dall’oppressione di un presente vacuo, per rifondare un futuro ricco di stimoli di suggestione leggendaria. Ben venga quindi la rivoluzione dal pranzo di gala che attraverso un preciso spartito possa farci ritrovare le note perdute dello stare insieme. Siamo donne e uomini e siamo di carne, fatti di cibo e vino ed emozioni, per questo sono daccordo con le De.Co., la strategia della filiera corta e con quant’altro possa metterci in relazione con l’essenza profonda di ciò che ci nutre.

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